ZATAC
LA CURA
Quando la violenza diventa invisibile
Entra virtualmente nell'esposizione
Non accetto la violenza in nessuna delle forme attraverso cui si manifesta.
Una violenza che si scatena per la strada, una violenza che si nasconde negli uffici
o ancor peggio si consuma tra le pareti domestiche.
Ho scelto un linguaggio diverso, non quello che ormai fa parte del nostro vivere quotidiano, dove il dolore, la sofferenza sono sfacciatamente esibiti nelle piazze,
mostrati alla televisione e nei notiziari, diffusi senza pietà attraverso i social
o ripresi dagli smartphone per raccogliere likes. La mia scelta è di non mostrare.
Non sono trofei di donne tumefatte o maltrattate, di donne tristi o arrabbiate o sofferenti. Sono scatti di donne serene, che sorridono, che ti guardano serie e decise,
che si mostrano belle per quello che sono.
Perchè spesso è proprio dietro questi volti che succede…
la sofferenza e la violenza sono celate da una maschera indossata per paura,
il timore di aggravare la situazione, di rendere più pericoloso ciò che già lo è.
La violenza viene interpretata attraverso il supporto, è la carta stampata che subisce.
Ho scelto di fotografare con una luce cruda, senza ritocchi digitali, di stampare sulla carta più povera e scadente presente sul mercato, perchè LORO non meritano considerazione, non hanno valore. Le fotografie, poi, sono state maltrattate.
Ciò che ne è uscito sono 14 installazioni: la violenza non è visibile fisicamente sul corpo delle donne, è solo una rappresentazione mentale e il pensiero che tutto questo sia reale, fa ancor più paura.
Il pensiero penetra nel profondo e basta anche solo immaginare per sentire quanto sia terrificante. In un’epoca in cui tutto viene mostrato ho scelto di non mostrare,
ma di portare a pensare.
Ecco dunque il titolo LA CURA: la cura è l’invito urgente a pensare… pensare prima di agire, pensare che a volte basta un gesto per cambiare una situazione,
pensare perché la cura sia veramente possibile.
Zatac
T. Zatachetto, fotografo e video maker professionista, si dedica ai progetti sociali con il puro talento artistico che lo spinge a sondare occasioni etiche dall’evidente impatto emotivo. Il 25 novembre è la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne. Cade oggi l’inaugurazione della mostra itinerante composta da una serie di immagini e di installazioni accompagnate da video in 3D. Il racconto è importante e denuncia i soprusi, senza evidenziarli, suggerendo un punto di vista diverso. Zatac si avvale, tra gli altri, degli apporti dadaisti, ma manca l’ironia dell’avanguardia. C’è, invece, l’elemento di disturbo. La consueta violenza palesata al giorno d’oggi dai mass media è sostituita da interventi di riflesso: l’economica carta fotografica plotter testimonia la presenza di un valore mancato, le piccole scritte in corsivo di citazioni e aforismi letterari obbligano l’osservatore a inchinarsi per leggerle, le figure in bianco nero riprese alla luce naturale si stropicciano, si piegano, si appallottolano, si calpestano, si cuciono, costringendo lo spettatore a contemplare l’artificio di chi continua a splendere, nonostante tutto. Evidente è il rimando ai lavori di M. Fiorese, per quanto concerne la scelta di dettagli realistici anomali, il gioco delle ombre e la morbidezza sfocata di alcuni frangenti. Le bellissime donne ritratte sono segnate per sempre nell’anima, ma Zatac compie uno Kintsugi giapponese delle loro personalità colpite, risaldandone le ferite con l’oro simbolico dello spirito e della condivisione.
Irene Danelli
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